Accordo Mercosur: l’Italia è l’ago della bilancia per la decisione finale
L’Unione europea si avvia a concludere l’iter per l’adesione dell’accordo commerciale con i Paesi del Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay). A pochi giorni dal voto d’intesa, atteso il prossimo 20 di dicembre in Brasile, manca ancora una manifestazione di volontà chiara da parte dell’Italia, attesa tra il 18 e il 19 dicembre al Consiglio Europeo.
Il voto favorevole dell’Italia alla sottoscrizione dell’accordo è essenziale per raggiungere la maggioranza qualificata all’interno del Consiglio europeo, per conferire il necessario alla Commissione e al Consiglio Ue (art. 218 TFUE).
Dopo la dichiarazione di astensione da parte del Belgio, e un probabile no da parte di Polonia, Ungheria, Irlanda, Austria e Olanda, il nostro Paese si trova a essere l’ago della bilancia dell’accordo, le cui trattative proseguono ormai da più di 25 anni. Il timore degli Stati favorevoli (tra cui Germania, Grecia e i Paesi del nord Europa) è che l’Italia si aggiunga ai sostenitori dell’abbandono delle trattative, che avrebbero così i numeri sufficienti per costituire una minoranza di blocco e sospendere l’intesa.
La Francia, storicamente contraria all’accordo, ha chiesto ufficialmente alla Commissione europea il rinvio della firma. Il ministro degli Affari europei francese, Benjamin Haddad, ha chiarito le tre condizioni che considera necessarie non sono ancora pienamente soddisfatte: una “clausola di salvaguardia” capace di limitare il numero di importazioni dai Paesi del Mercosur in caso di rischio di destabilizzare il mercato europeo; una “clausola specchio” che vieti l’ingresso nel territorio europeo di prodotti realizzati con pesticidi o additivi vietati; la possibilità di effettuare controlli sia nei mercati esportatori che in Europa sui prodotti di origine sudamericana.
Sul piano nazionale, gli ostacoli alla conclusione dell’accordo provengono dalle associazioni più rappresentative degli agricoltori, tra cui Coldiretti e Filiera Italia, che ritengono l’accordo carente di garanzie e lesivo degli interessi economici dei loro associati. Confindustria, invece, auspica la ratifica dell’accordo, riconoscendo nel Mercosur una grande opportunità per la crescita dell’intera industria italiana.
Nonostante i molteplici ostacoli alla sua approvazione, l’accordo con i Paesi del Mercosur produrrebbe molteplici vantaggi per gli operatori economici europei.
Secondo stime di Confindustria, l’accordo liberalizzerebbe un mercato composto da 700 milioni di consumatori, coinvolgendo economie nazionali che producono il 20% del PIL mondiale. L’abbattimento dei dazi sulle esportazioni europee è stimato attorno al 91%.
La diversificazione dei mercati è la principale strategia che l’Unione europea ha a disposizione per far fronte alle barriere tariffarie imposte dal Presidente Donald Trump, misure che hanno sensibilmente ridotto l’accesso al mercato statunitense per le imprese europee esportatrici.
L’Italia beneficerebbe in modo diretto di importanti vantaggi economici derivanti dall’interscambio di beni e servizi con il Mercosur: Confindustria valuta positivo il saldo tra export e import di beni (+ 1,4 miliardi di euro), così come per i servizi (+ 1 miliardo di euro). I settori che trarrebbero i maggiori benefici sarebbero quello dei macchinari (+ 331 milioni di euro), della chimica (+ 183 milioni di euro) e dei metalli (+ 85 milioni di euro), che recupererebbero importanti quote di mercato perse a causa della politica commerciale del Presidente Trump.
A tutela del settore agricolo, durante la scorsa settimana la commissione per il commercio internazionale, interna al Parlamento europeo, ha discusso quattro emendamenti sulla legislazione collaterale legata all’applicazione delle clausole di salvaguardia sulle importazioni dei partner del Mercosur, che arrecano o rischiano di arrecare un grave pregiudizio alla leale concorrenza del mercato europeo.
Tra questi, un emendamento mira a ridurre la soglia di aumento delle importazioni che porterebbe all’avvio delle indagini, quando le importazioni di prodotti sensibili (come pollame, carne bovina, riso, zucchero, biodisel) aumentano del 5% in media su tre anni, rispetto al 10% annuo originariamente proposto dalla Commissione. Un secondo emendamento è finalizzato a dimezzare i tempi delle medesime indagini da sei a tre mesi e quelli successivi previsti per adottare una decisione, da quattro mesi a due.
Aggiornato anche l’elenco dei “prodotti sensibili”: tra questi i parlamentari europei hanno inserito arance, limoni, mandarini e altri prodotti a base di uova.
Gli eurodeputati, inoltre, hanno introdotto una clausola che chiarisce come un’eventuale misura di salvaguardia potrebbe tradursi in un “obbligo di reciprocità” relativo ai prodotti e agli standard di produzione.
Si attende la fine della settimana per la decisione del Consiglio europeo sulla conclusione dell’accordo, o di un probabile rinvio, in cui l’Italia avrà un ruolo chiave.