Le Commissione tributaria regionale di Genova, con la sentenza 27 maggio 2019, n. 710 ha riconosciuto che i presupposti fondanti un accertamento tributario non possono essere oggetto di rettifica o integrazione durante il processo.
Nel caso esaminato, la Commissione regionale, ribaltando la pronuncia di primo grado, ha censurato la procedura di accertamento attuata dall’Agenzia delle entrate nei confronti di un’Associazione sportiva dilettantistica (Asd). L’Ufficio nell’atto impugnato ha accertato il superamento, nell’anno oggetto di verifica, dei limiti contabili per fruire di un regime agevolato d’imposta previsto in favore delle Asd. Avvedendosi di un errore di calcolo contenuto nell’accertamento (una fattura era stata contabilizzata secondo il criterio di competenza, anziché secondo il criterio di cassa), l’Ufficio ha emesso un atto di autotutela, con il quale ha riconosciuto tale errore. Con il medesimo atto, tuttavia, ha ribadito l’avvenuto superamento dei limiti contabili, sulla base di un’omessa fatturazione, non rilevata durante l’accertamento.
L’Ufficio, adducendo circostanze di fatto e di diritto diverse da quelle originarie, ha modificato sostanzialmente i presupposti dell’accertamento. La Commissione regionale, pertanto, con la decisione esaminata, ha voluto tutelare il diritto di difesa della Asd, precisando che soltanto la motivazione contenuta nell’accertamento originario può delimitare i confini della lite tributaria. L’obbligo di idonea e completa motivazione dell’atto impositivo, previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212) mira a garantire il pieno e immediato esercizio delle facoltà difensive nel giudizio d’impugnazione, pertanto, tale motivazione deve essere da subito correttamente esplicitata e non può essere successivamente modificata.