Corte di Giustizia UE: confermata l’origine indiana dei tubi lavorati a freddo
di Sara Armella e Tatiana Salvi
Confermata l’origine indiana dei tubi in acciaio inossidabile cinesi lavorati a freddo. La Corte di Giustizia torna a pronunciarsi sul tema, chiarendo che la lavorazione a freddo su tubi o condutture di origine cinese rappresenta una trasformazione sostanziale, in grado di determinare il cambio di origine doganale (sentenza C-827/24 del 2/09/2025).
Un vero e proprio punto di svolta per tutti gli accertamenti che si fondavano sulla regola di origine prevista dalla Commissione europea nell’allegato 22-01 RD, in virtù della delega prevista dal Codice doganale dell’Unione (art. 62, Reg. UE 952/2013).
Moltissime aziende sono state interessate, infatti, da un’indagine Olaf che, sulla base di tale previsione, riteneva non sufficiente la lavorazione effettuata in India sui tubi in acciaio. In particolare, secondo l’Olaf, i prodotti importati, dichiarati di origine indiana, avrebbero avuto invece origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping del 71,9%.
La Corte di Giustizia supera le conclusioni raggiunte dall’Organo antifrode europeo, stabilendo che la lavorazione a freddo integra una trasformazione sostanziale, capace di attribuire al prodotto una nuova origine doganale.
Si tratta di un principio che era già stato affermato dalla famosa sentenza Stappert (C-210/22 del 23/09/2023), che ha invalidato la regola di origine definita dalla Commissione europea, stabilendo che nel caso di un tubo trasformato a caldo che subisce una lavorazione a freddo, la merce acquisisce l’origine del Paese di trasformazione. Secondo i giudici europei, da un lato, occorre considerare che è possibile che vi sia una lavorazione sostanziale, idonea a determinare l’origine della merce, anche in assenza di un cambiamento di voce tariffaria. Nel caso di specie, inoltre, la regola di origine della Commissione europea determina una differenza di trattamento ingiustificata, poiché la laminazione a freddo realizzata a partire da profilati cavi consente di attribuire al prodotto l’origine doganale, mentre, applicando lo stesso tipo di lavorazione ai tubi, la merce non acquisisce una diversa origine doganale. La Corte di Giustizia ha chiarito che, a prescindere dalla regola di origine prevista dalla Commissione, la lavorazione a freddo comporta modifiche irreversibili sulle proprietà fisiche, meccaniche e metallurgiche della merce ed è pertanto idonea a determinarne l’origine doganale.
L’unica regola vincolante è quella prevista dal Codice doganale, secondo cui l’origine deve in ogni caso essere determinata sulla base del criterio determinante dell’ultima trasformazione sostanziale della merce.
La sentenza in commento, insieme alla Stappert, è destinata a riflettersi sui numerosi casi di applicazione dei dazi antidumping su tubi di acciaio importati. Come ricordato dai giudici europei, infatti, anche la Commissione europea aveva avviato un’inchiesta sulle imprese indiane produttrici di tubi esaminate dall’Olaf, svolgendo una specifica attività di controllo in loco presso gli stabilimenti, per accertare le attività concretamente svolte e il livello di lavorazione del prodotto. A differenza dell’Olaf, che non aveva effettuato ispezioni presso le aziende esportatrici, la Commissione UE, a seguito di un’approfondita e attenta indagine, ha confermato l’origine indiana dei prodotti oggetto di contestazione (Reg. di esecuzione UE n. 2017/2093). Dall’indagine della Commissione è emerso, infatti, che la formatura a freddo effettuata in India ha trasformato sostanzialmente i prodotti interessanti, modificandone in modo irreversibile le caratteristiche essenziali.