Caos sull’origine non preferenziale: la Corte UE si contraddice sul caso acciaio
di Sara Armella e Tatiana Salvi
Dietrofront della Corte di Giustizia sulle regole di origine definite dalla Commissione europea, in virtù della delega prevista dal Codice doganale dell’Unione (sentenza C-86/24 del 2/10/2025). Se nel famoso caso Stappert (C-210/22 del 23/09/2023) i giudici europei hanno invalidato la regola prevista dalla Commissione per i tubi in acciaio inossidabile, il nuovo caso esaminato dalla Corte di Giustizia apre la strada a nuovi dubbi interpretativi.
Nella sentenza, i giudici sono intervenuti sui criteri inerenti i tubi in acciaio inossidabile, stabilendo che la lavorazione a freddo effettuata sui tubi per “oleodotti e gasdotti” prodotti in Cina non realizza una trasformazione sostanziale in grado di cambiare l’origine del prodotto. Una decisione contraddittoria, che determina un improvviso cambio di rotta rispetto alla sentenza Stappert.
La sentenza, invece di chiarire i dubbi di operatori e giuristi, dà vita a nuove incertezze interpretative sull’ambito di applicazione delle regole di origine non preferenziale. Questa incoerenza renderà sempre più difficile per gli importatori e le autorità doganali applicare criteri uniformi per determinare l’origine della merce. E rischia anche di estendere la confusione ad altri prodotti siderurgici per i quali la Commissione europea ha previsto regole di origine analoghe.
Occorre considerare, infatti, che le sentenze della Corte di Giustizia hanno una funzione interpretativa fondamentale, che ha l’obiettivo di assicurare un’uniforme applicazione della normativa in tutti gli Stati membri. In caso di eventuali dubbi sull’applicazione del Codice doganale dell’Unione, i giudici nazionali possono rivolgersi alla Corte di Giustizia attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale, sollevando un quesito interpretativo. Le sentenze dei giudici europei hanno, pertanto, natura interpretativa e quindi si estendono ben oltre il caso concreto, dovendo assicurare una corretta applicazione del diritto doganale.
Ma per assicurare un’uniforme interpretazione della normativa europea è necessario che le sentenze della Corte di Giustizia siano coerenti tra loro.
La Corte di Giustizia, nel caso Stappert, ha ritenuto illegittima la regola di origine stabilita dalla Commissione europea, stabilendo che nel caso di un tubo trasformato a caldo che subisce una lavorazione a freddo, la merce acquisisce l’origine del Paese di trasformazione.
Il caso esaminato ha per oggetto, invece, tubi in acciaio inossidabile per “oleodotti e gasdotti”, fabbricati in Cina (7304 11) e successivamente sottoposti a lavorazione a freddo in India, prima dell’importazione nell’UE.
Nonostante la lavorazione fosse identica, dal punto di vista fisico, rispetto a quella esaminata nel caso Stappert, secondo i giudici europei in questo caso la regola di origine prevista dalla Commissione non sarebbe illegittima. La sentenza ha concluso, infatti, che per i tubi per oleodotti e gasdotti (7304 11) lavorati a freddo in prodotti finiti della sottovoce 7304 41 non vi sarebbe una “trasformazione sostanziale” in grado di determinare un cambio di origine. La Corte ha sostenuto che, essendo i tubi 7304 11 già prodotti finiti secondo normative industriali, la riduzione a freddo non altera la natura fondamentale del prodotto né la sua destinazione.
La conseguenza è che due operazioni tecnicamente identiche portano ora a risultati giuridici opposti, basati soltanto sull’uso finale commerciale del tubo di partenza. La principale differenza tra i due casi esaminati dai giudici europei riguarda, infatti, soltanto l’uso finale dichiarato del tubo, mentre le caratteristiche metallurgiche e industriali dei prodotti sono identiche.