Nuovi dazi USA sul legno: per l’Europa la tariffa resta al 15%

Nuovi dazi USA sul legno: per l’Europa la tariffa resta al 15%

di Sara Armella e Tatiana Salvi

Dal 14 ottobre entreranno in vigore nuovi dazi su legname e prodotti derivati, ma per l’Unione europea le tariffe non supereranno il tetto massimo del 15% stabilito dall’accordo UE-USA. A confermarlo è il proclama del 29 settembre 2025, che ribadisce come anche per le indagini ai sensi della Sezione 232 si applichi la tariffa massima del 15%. Il Presidente Trump ha, inoltre, annunciato nuovi dazi su farmaci e camion pesanti.

Con un proclama del 29 settembre, il Presidente Trump ha introdotto, a partire dal 14 ottobre, nuove tariffe del 10% sulle importazioni di legname di conifere e legname da costruzione e un dazio del 25% su alcuni prodotti in legno imbottiti, sui mobili da cucina e da bagno e sulle loro componenti. A partire da gennaio 2026, i dazi sui mobili imbottiti aumenteranno al 30%, mentre quelli sui mobili da cucina e da bagno saliranno al 50%.

Tali misure sono state adottate sulla base della Sezione 232, a seguito delle indagini condotte dal Segretario del Commercio USA. Secondo l’indagine, le importazioni di legno starebbero indebolendo l’economia americana, minacciando la chiusura di segherie e l’interruzione di catene di approvvigionamento dei prodotti in legno. I settori coinvolti sono così vitali che, secondo il Segretario al Commercio, il loro indebolimento avrebbe un effetto debilitante sulla sicurezza nazionale, sul benessere economico o sulla salute pubblica o sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Il proclama include un’importante precisazione per gli esportatori italiani ed europei: la tariffa sulle importazioni di prodotti in legno dall’Unione Europea non deve aumentare il dazio complessivo oltre il 15% quando sommata all’aliquota prevista nella colonna 1 dell’HTSUS.

Anche gli altri Paesi che hanno raggiunto un accordo con gli Stati Uniti beneficiano di un trattamento più favorevole: per il Regno Unito si applica l’aliquota massima del 10%, mentre il Giappone, come l’Unione europea, potrà beneficiare del dazio del 15%.

Con un post su Truth, il Presidente Trump ha annunciato, inoltre, nuovi dazi del 100% sui prodotti farmaceutici. Tali misure, non ancora ufficiali, dovrebbero entrare in vigore all’esito dell’indagine 232 avviata dagli Stati Uniti.

L’obiettivo di Washington è convincere le aziende del settore a trasferire la propria produzione negli Stati Uniti. Secondo l’annuncio del Presidente Trump, le imprese che hanno già a disposizione o stanno costruendo uno stabilimento di produzione farmaceutica negli USA saranno infatti esentate dall’applicazione delle nuove tariffe.

L’annuncio ha destato grande preoccupazione per gli esportatori europei. Occorre considerare, infatti, che se confermata la nuova tariffa metterebbe a rischio gli impegni assunti dagli Stati Uniti nell’accordo quadro concluso con l’Unione europea. L’intesa tra UE e USA prevede, infatti, che i farmaci di marca o brevettati, siano soggetti a una tariffa doganale non superiore al 15%.

L’Unione europea ha espresso fiducia negli accordi intrapresi con gli Stati Uniti, confidando nel rispetto da parte del Presidente Trump dell’accordo quadro.

Il tetto massimo del 15% sui farmaci rappresenta una garanzia per gli operatori italiani ed europei. Secondo i dati Eurostat, nel 2024 gli Stati Uniti sono stati il primo mercato di destinazione di farmaci europei, generando un surplus commerciale di oltre 190 miliardi di euro. Germania, Irlanda e Belgio sono i maggiori esportatori del settore nell’Unione europea, ma anche l’Italia riveste un ruolo di primo piano, avendo esportato merce per oltre 10 miliardi di euro verso gli Stati Uniti tra gennaio e luglio del 2025.

Secondo l’Associazione europea delle industrie farmaceutiche (Efpia), l’introduzione di un dazio doganale del 100% aumenterebbe significativamente i costi, facendo interrompere le catene di approvvigionamento e impedendo ai pazienti di ottenere trattamenti vitali.

Il Presidente Trump ha annunciato che dal 1° ottobre dovrebbero entrare in vigore anche nuovi dazi doganali del 25% sulle importazioni di camion pesanti.

Una tariffa che, se confermata, potrebbe avere un impatto del valore di oltre 900 milioni di dollari per gli esportatori europei. Anche in questo caso, inoltre, l’imposizione di dazi doganali oltre la soglia concordata potrebbe compromettere l’intesa raggiunta tra UE e Stati Uniti, essendo compresi anche i prodotti per l’arredo, come i mobili da cucina, nella tariffa onnicomprensiva del 15%.

L’Unione europea ha confermato l’intenzione di continuare a impegnarsi per garantire l’attuazione dell’accordo commerciale con gli USA, cercando anche di migliorare il contenuto dell’intesa, per trovare nuove esenzioni tariffarie e cooperare più strettamente in alcuni settori strategici.

I nuovi dazi sul legno, insieme a quelli recentemente annunciati del 100% sui farmaci e del 25% sui camion pesanti, rendono evidente che per tutte le aziende che esportano verso gli Stati Uniti è indispensabile attuare una serie di strategie volte a minimizzare i rischi e a ottimizzare i propri piani di esportazione, a partire dallo studio e dalla corretta individuazione della classificazione doganale dei beni, che potrebbe consentire l’esclusione dal perimetro dei nuovi dazi.

Un primo step indicato è la verifica se le proprie merci rientrano tra quelle soggette ai nuovi dazi, consultando l’Harmonized Tariff Schedule Code degli Stati Uniti (HTS-US), ossia la Nomenclatura Combinata statunitense. È essenziale, inoltre, tenere costantemente monitorate le sezioni dell’HTS statunitense, per rimanere aggiornati su possibili modifiche o aumenti del trattamento daziario richiesto all’importazione, nonché per verificare se i propri beni rientrino o meno tra i prodotti esenti.

Un ulteriore aspetto critico è la verifica dei termini di resa Incoterms utilizzati dalle aziende nei contratti di fornitura con i clienti USA. Se un’impresa europea è vincolata a forniture con clausole che prevedono l’accollo dei dazi alle frontiere statunitensi (Incoterms DDP, ossia Delivered Duty Paid), occorre verificare le condizioni per un recesso contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta; diversamente, gli oneri economici dei nuovi dazi graverebbero sull’impresa che esporta.

In presenza di clausole DDP, l’azienda è tenuta a sostenere i dazi all’importazione negli Stati Uniti, con un deciso aggravio di costi. Occorre quindi svolgere una due diligence sui contratti con i propri clienti e verificare se l’impresa abbia assunto l’impegno a sopportare tali oneri.

Per ridurre l’impatto delle nuove misure commerciali è quindi opportuna una revisione dei contratti con i propri clienti. È consigliabile concludere contratti che prevedano le c.d. hardship clause, ossia degli accordi che consentono alle parti di rideterminare il prezzo di vendita pattuito in caso di eventi straordinari sopravvenuti, come l’introduzione di eccessivi oneri doganali alla frontiera USA.

Più in generale, le imprese dovrebbero prediligere la conclusione di accordi commerciali di breve durata e con condizioni flessibili, anziché appoggiarsi a contratti di fornitura a lungo termine con clausole rigide e difficilmente rinegoziabili.

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