di Sara Armella
Dal 31 gennaio sono soggette a registrazione le importazioni di viti senza capocchia originarie della Repubblica Popolare Cinese, in vista della riscossione di dazi antidumping retroattivi, riguardanti i prodotti classificati con i codici NC 73181542 e 73181548. Così dispone il Regolamento di esecuzione (UE) 2025/141 della Commissione del 29 gennaio 2025, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 gennaio.
Una rapidissima scansione temporale che lascia poco spazio alla programmazione delle imprese e, in particolare, si ripercuoterà sulle aziende che sono in procinto di ricevere i prodotti, dopo averli acquistati mesi fa dal Sol levante.
La registrazione delle importazioni prelude alla possibilità di applicare retroattivamente i dazi antidumping. Se, al termine dell’inchiesta antidumping avviata lo scorso 17 ottobre, la Commissione dovesse concludere che i dazi devono essere imposti anche retroattivamente, essi potranno essere riscossi a partire proprio dal 31 gennaio 2025.
Nessuna possibilità, invece, di riscuotere i dazi sulle importazioni anteriori al 31 gennaio, come ha più volte chiarito la Corte di giustizia europea, posto che lo scopo della registrazione è di garantire che, qualora dalle risultanze dell’inchiesta dovesse emergere la presenza di un margine di dumping nelle forniture cinesi, i dazi potrebbero colpire soltanto le operazioni che hanno rappresentato oggetto di una specifica registrazione.
Gli eventuali dazi futuri da corrispondere dipenderanno dalle risultanze dell’inchiesta. Secondo i dati che emergono nella domanda con cui è stata richiesta l’apertura dell’inchiesta, i margini di dumping sarebbero tra il 100% e il 150% e il livello di eliminazione del pregiudizio sarebbe compreso tra il 150% e il 214% per il prodotto in esame, nel periodo 2020-2023.
Non è possibile, in questa fase, operare una stima dell’importo di eventuali futuri dazi da pagare. E’ tuttavia importante che le imprese importatrici siano informate del rischio, posto che la registrazione delle operazioni potrebbe preludere, a distanza di mesi, a un recupero retroattivo, per percentuali particolarmente significative. Considerata l’elevata incidenza di tali dazi, è opportuno che le imprese si cautelino contrattualmente, includendo clausole a propria tutela, onde evitare che la misura applicata retroattivamente renda del tutto antieconomico l’acquisto dall’estero e la distanza di tempo determini l’impossibilità di trasferire l’onere sul prezzo finale del prodotto.