Pagamenti a commissionari fuori dazi e Iva

di Sara Armella e Tatiana Salvi

I pagamenti effettuati a favore di un commissionario all’acquisto, in relazione a prodotti importati da un Paese extra europeo, non devono essere inclusi nel valore doganale e non sono, dunque, tassabili con i dazi e l’Iva all’importazione: è questo l’importante principio espresso dalla Corte di Cassazione, con le sentenze 24/01/2025, nn. 1743, 1765 e 1779. Con tali importanti pronunce, la Suprema Corte ha stabilito che le commissioni d’acquisto, ossia le somme versate da un importatore all’agente che lo ha rappresentato nell’acquisto della merce, non possono essere confuse con i costi di mediazione e, di conseguenza, non concorrono alla base imponibile della fiscalità doganale.

Secondo la normativa di settore, il valore rilevante ai fini della determinazione dell’obbligazione è il prezzo di transazione, ossia il costo effettivamente pagato per i prodotti importati (art. 70 Cdu, Reg. UE 952/2013). Il prezzo di transazione rappresenta il criterio primario per la determinazione del valore e non comprende, di regola, il corrispettivo di servizi, se non in casi tassativamente individuati e che devono, pertanto, essere considerati quali eccezioni alla regola generale di tassazione, ai fini doganali, del solo prezzo del prodotto importato. In particolare, tra gli elementi che devono essere aggiunti al prezzo di transazione, il Codice doganale dell’Unione europea individua le “commissioni e spese di mediazione, escluse le commissioni di acquisto” (art. 71, par. 1, lett. a) Cdu). Le commissioni d’acquisto, a differenza di quelle di vendita e delle spese di mediazione, non concorrono alla base imponibile della fiscalità in dogana.

Le sentenze chiariscono che la differenza tra mediazione e commissione d’acquisto è tutta individuabile nella posizione del soggetto terzo: il mediatore opera in assoluta imparzialità rispetto alle parti che mette in contatto, mentre il commissionario agisce per conto dell’importatore e risponde a obblighi contrattuali che lo pongono tra il fornitore e l’acquirente. Gli ermellini chiariscono, inoltre, che spetta all’importatore fornire all’Agenzia delle dogane la prova della natura del rapporto e del ruolo svolto dall’intermediario, attraverso contratti, pagamenti, corrispondenza, lettere di credito e altri elementi fattuali. Come chiarito anche dalla circolare di ADM 16/D del 6/11/2015, l’Amministrazione deve verificare, al di là della denominazione utilizzata dalle parti per definire l’intermediario, se si tratta di una commissione d’acquisto o di una mediazione, prima di procedere all’eventuale rettifica del valore dichiarato.

La distinzione tra i due rapporti contrattuali comporta rilevanti conseguenze, sia sotto il profilo giuridico che economico, al punto che gli accertamenti in questo ambito assumono particolare rilevanza per gli importi in discussione. Anche alla luce di queste importanti pronunce, è certamente consigliabile una due diligence dei contratti in essere, per valutare se le modalità di approvvigionamento dall’estero sono efficienti dal punto di vista degli oneri doganali impegnati. La scelta di operare tramite un commissionario all’acquisto, a conti fatti, risulta decisamente più vantaggiosa. Se, invece, il contratto si inquadra nella specie della mediazione, ma i relativi compensi non sono stati aggiunti al prezzo di acquisto, occorre valutare la possibilità di una revisione di parte, per regolarizzare la relativa posizione.

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