UE: stop all’esenzione dei dazi per pacchi sotto i 150 euro
di Sara Armella
L’UE estenderà i dazi ai pacchi di valore inferiore a 150 euro per tutelare le imprese europee e contrastare l’import massivo di merci a basso costo dalla Cina. La misura, già sostenuta da diversi Paesi membri, mira a ridurre pratiche sleali e rischi per consumatori e ambiente.
Il 13 novembre scorso, i Ministri delle Finanze degli Stati membri hanno siglato un accordo politico che estenderà l’obbligo di pagamento dei dazi anche ai pacchi di valore inferiore a 150 euro. Con tale misura l’Unione europea mira a garantire condizioni di parità per le imprese europee, eliminando l’afflusso di merci a basso costo provenienti da Paesi terzi.
Accanto a questa decisione c’è la proposta di introdurre una tassa di 2 euro per pacco, che, secondo il Codacons, peserebbe sui consumatori europei per 9,2 miliardi di euro l’anno.
Da considerare, però, che le grandi piattaforme potrebbero decidere di accollarsi questa nuova imposta, assorbendone l’importo nel prezzo finale della merce. La proposta del nuovo Codice doganale dell’Unione, pubblicata nel 2023, prevede a carico delle grandi piattaforme una responsabilità specifica sui dazi.
L’intesa raggiunta durante la riunione ha riscontrato ampio consenso tra i ministri dell’economia dell’Unione europea. Il Commissario europeo all’Economia, la produttività, l’attuazione e la semplificazione Valdis Dombrovskis ha dichiarato che: “L’applicazione dei dazi doganali su tali spedizioni è un passo importante per garantire condizioni di parità alle imprese europee”. Va considerato, infatti, che nel 2024 sono stati più di 4,6 miliardi i pacchi importati nell’Unione europea dal valore inferiore a 150 euro e più del 90% di questi proviene dalla Cina.
Si sono mostrati molto favorevoli anche il Ministro dell’Economia francese e il Ministro italiano Giorgetti, Stati molto impegnati nella lotta contro il fast-fashion, ritenuto particolarmente dannoso per le rispettive economie interne. Giorgetti, in particolare ha definito l’accordo “positivo”, affermando che: “L’Italia ha sempre appoggiato questa misura, una delle prime in linea con la discussione sulla concorrenza sleale”.
Ad oggi, è certo che sarà revocata l’esenzione dal pagamento dei dazi per i pacchi di valore inferiore a 150 euro. Già a maggio, era stata avanzata una proposta volta a introdurre un dazio medio di due euro per ciascun pacco proveniente dall’estero.
Nel corso della riunione del Consiglio Ecofin, molti ministri si sono dichiarati favorevoli ad anticipare il provvedimento già al prossimo anno, attraverso l’adozione di una soluzione “semplice e temporanea”. Una prima suggestione, che è stata dibattuta durante la riunione, riguarda la possibilità di applicare una forma di riscossione semplificata dei dazi sui beni attualmente esenti, fino al momento in cui non diventerà operativo il Customs Data Hub, la nuova banca dati prevista a livello comunitario a cui verrà affidato il compito di elaborare i dati doganali dell’Unione. D’altra parte alcuni Ministri hanno sottolineato che una misura così formulata rischia di creare gravi inconvenienti di natura tecnica, costringendo le Dogane nazionali a carichi di lavoro che non sarebbero in grado di affrontare.
Nel corso del 2024, secondo i dati raccolti da Eurostat, circa il 77% degli utenti europei online ha concluso acquisti su Internet, con un aumento rispetto al 59% del 2014. La percentuale di acquirenti online è stata più elevata nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni (89%), ma anche il 53% di coloro che hanno tra i 65 e i 74 anni ha effettuato ordini online.
Il fenomeno dell’invasione dei pacchi cinesi è di primaria rilevanza anche in Italia, come illustrato dal Rapporto di verifica 2024 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. I dati raccolti testimoniano che nel 2024 le dichiarazioni liquidate sono aumentate del 56,6%, passando da 59,8 milioni a 93,6 milioni, mentre le dichiarazioni H7, ossia quelle riservate alla dichiarazione in dogana per pacchi di valore inferiore a 150 euro, sono aumentate del 61,5%, passando da 54,2 milioni a 87,5 milioni.
A fronte di un massivo incremento del volume di traffico, gli incassi complessivi derivanti dai dazi sono rimasti sostanzialmente invariati: 2,959 miliardi nel 2024 rispetto ai 2,941 miliardi del 2023 (+0,6%), confermando che tale incremento riguarda quasi esclusivamente merci esenti. Le stime europee mostrano che fino al 65% dei pacchi di modico valore che entrano nell’Unione europea vengono sottovalutati, così da godere dell’esenzione al pagamento di dazi all’importazione. Un’altra soluzione che viene adottata è operare delle frammentazioni artificiali degli ordini con cui si aggira l’imposizione doganale e si producono maggiori emissioni inquinanti. L’adozione di queste pratiche rischia di causare un notevole danno agli interessi finanziari dell’Unione. Inoltre, un volume così elevato di importazioni sotto la soglia dei 150 euro non consente alle autorità nazionali di effettuare in maniera efficace i controlli necessari, favorendo l’ingresso di merci spesso non conformi agli standard di sicurezza e di qualità imposti dall’Unione europea, con ripercussioni negative che ricadono in primis sui consumatori.
In Italia sotto inchiesta sono finiti, soprattutto, i prodotti “made in China”. Già prima di questo accordo, l’Italia ha cercato di dare una soluzione a questo fenomeno, soprattutto a protezione del settore della moda e dei piccoli commercianti al dettaglio. In particolare, il Ministero delle imprese e del Made in Italy (MIMIT) aveva inserito tra gli emendamenti al d.d.l. Concorrenza un pacchetto di norme volto a colpire le grandi multinazionali dell’ultra fast-fashion come Shein e Temu che, tuttavia, non è stato integrato all’interno del testo del disegno di legge a causa del mancato accordo in Commissione industria.
L’Europa non è certamente l’unico mercato che vive e affronta i problemi legati agli acquisti sulle grandi piattaforme cinesi ed extra-UE. Ad oggi sono evidenti le conseguenze negative, dirette e indirette, del fast-fashion e dell’e-commerce sulla sicurezza ambientale e la salute pubblica, nonché il grave impatto sociale che tali industrie causano, in termini di sfruttamento della manodopera minorile e salari bassi. Il veicolo della piattaforma multimediale, inoltre, rende spesso difficoltoso ricostruire la catena di approvvigionamento dei prodotti, amplificando i danni effettivi e potenziali. Alcuni Paesi stanno già introducendo nuove tasse nel tentativo di arginare il flusso delle importazioni di beni fast-fashion. La Romania ha introdotto una tariffa di 5 euro per ogni pacco e la Francia introdurrà una nuova tariffa a partire dal 2026, mentre l’Italia sta valutando di adottare una nuova tassa entro la fine dell’anno.
Anche in altri Paesi del mondo è prevista una tassa sull’e-commerce. Il Brasile, per esempio, applica una tassa del 20% per gli acquisti online sotto i 50 dollari, mentre i beni trai 50 e i 3000 dollari hanno un’aliquota del 60%. Anche gli Stati Uniti hanno sospeso l’esenzione “de minimis” per le esportazioni dirette verso gli USA, che consentiva l’ingresso duty free per le spedizioni di valore inferiore a 800 dollari. Con un ordine esecutivo del 30 luglio 2025, la Casa Bianca ha annunciato che, dal 29 agosto, tutte le merci destinate agli Stati Uniti sono soggette a dazi doganali, indipendentemente dal loro valore. Da segnalare che è prevista, tuttavia, un’importante eccezione per i pacchi postali: per sei mesi, le spedizioni inviate attraverso la rete postale internazionale continuano a beneficiare di un trattamento differenziato, anche se non più totalmente esente da dazio.
Anche nel Regno Unito si prevede un provvedimento identico. L’annuncio dovrebbe avvenire con la presentazione della Legge di bilancio il 26 novembre.