Tassa emissioni, imprese in ritardo su rendicontazione
di Sara Armella e Stefano Comisi
Tempi stretti in vista del prossimo 31 gennaio, data ultima per la presentazione della dichiarazione trimestrale CBAM, a cui sono tenute tutte le imprese che hanno importato nell’Unione europea acciaio, ferro, ghisa, alluminio, cemento, energia elettrica, fertilizzanti e idrogeno. L’importante adempimento consiste nella rendicontazione, riferita all’ultimo trimestre 2024, delle emissioni di CO2 e altri gas a effetto serra rilasciati durante la produzione, in Paesi extraeuropei, di tali beni.
Il bilancio delle prime rendicontazioni trimestrali non è positivo: il numero di dichiarazioni presentate dalle imprese europee, infatti, è largamente inferiore alle attese, rendendo evidente, da un lato, che numerose aziende ignorano del tutto questo adempimento e, dall’altro, che molte di esse si trovano invece nell’impossibilità di ottemperare all’obbligo, non ricevendo le dovute informazioni da parte dei loro fornitori extra-UE.
La dichiarazione CBAM rende infatti necessaria una stretta collaborazione da parte dei fornitori esteri, i quali devono mettere a disposizione i valori reali delle emissioni inquinanti, prodotte dagli stabilimenti extra-UE, per la realizzazione dei beni CBAM.
Anche le aziende già in possesso dei valori CBAM relativi alla precedente dichiarazione sono tenuti a verificarne la validità anche in relazione al nuovo adempimento di gennaio. Molto spesso, infatti, i dati forniti hanno efficacia semestrale o, talvolta, annuale e possono essere utilizzati anche per le successive rendicontazioni, fino all’esaurimento della loro efficacia.
Particolare attenzione va prestata anche alla quantità di emissioni riportate dai fornitori esteri: alcuni stabilimenti produttivi, infatti, sono soliti indicare valori estremamente elevati, anche cinquanta volte superiori a quelli standardizzati dalla Commissione europea. Occorre sottolineare, però, che quanto più alti sono i valori dichiarati nelle dichiarazioni trimestrali, maggiore sarà il numero di certificati CBAM che le imprese UE importatrici saranno tenute ad acquistare a partire dal 1° gennaio 2026. Fino al 31 dicembre 2025, pur non essendo ancora richiesto l’acquisto dei certificati CBAM, l’obbligo di dichiarazione trimestrale rappresenta un passaggio fondamentale per testare l’efficienza del sistema e la capacità delle aziende UE di rispondere alle esigenze di tutela dell’ambiente. Tali dichiarazioni, inoltre, consentono alla Commissione europea di creare una sorta di mappa globale delle imprese più inquinanti.
Per venire incontro alle difficoltà rappresentate dal mondo produttivo, la Commissione UE ha previsto la possibilità di presentare dichiarazioni CBAM utilizzando valori predefiniti, qualora siano stati compiuti tutti gli sforzi necessari per ottenere i valori delle emissioni. Da tenere presente, tuttavia, che questi valori standard hanno natura forfettaria e sono stati parametrati sulle emissioni prodotte dagli impianti maggiormente inquinanti. Per non incorrere in costi più elevati in futuro, chi importa ha, dunque, l’onere di garantire la massima trasparenza e accuratezza nella raccolta e trasmissione dei dati relativi alle emissioni, anche al fine di mitigare l’applicazione di sanzioni.
Rimane alto anche il rischio di difformità nell’applicazione del CBAM all’interno dei vari Stati europei, le quali potrebbero portare a una disparità di trattamento per gli importatori, compromettendo i principi fondamentali di uniformità e parità di condizioni, che sono alla base del mercato unico, come ha sottolineato l’ex premier Mario Draghi.