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Confisca doganale ridefinita. Circolare 28/24 determina il campo di intervento dopo l’entrata in vigore della riforma. Distinzione tra contrabbando e illecito amministrativo
di Sara Armella e Tatiana Salvi
Ridefiniti i limiti della confisca doganale, con una netta distinzione tra la misura applicabile in caso di contrabbando e quella prevista in caso di illecito amministrativo; potenziamento delle ipotesi di esclusione e maggiori chiarimenti sull’Autorità giudiziaria competente a ricevere la notizia di reato dall’Agenzia delle dogane. Sono queste le novità previste dalla circolare ADM 19/12/2024, n. 28/D.
La riforma doganale, in vigore dal 4 ottobre scorso (d.lgs. 141/2024), conferma l’obbligo di procedere alla confisca della merce in caso di contrabbando (art. 94 Dnc, all. 1 al d.lgs. 141/2024). Accanto alla confisca obbligatoria delle cose impiegate per commettere il reato o delle cose che ne sono l’oggetto, il profitto o il prodotto, nel caso in cui non sia possibile procedere al sequestro della merce, è prevista la possibilità, per l’Agenzia delle dogane, di procedere alla confisca per equivalente su una somma di denaro.
Ma il rischio di incorrere nella confisca della merce vi è anche in caso di illecito amministrativo. Le nuove Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione prevedono, infatti, che oltre alla sanzione amministrativa l’Agenzia delle dogane possa procedere al sequestro e alla confisca dei beni.
La circolare n. 28/D chiarisce che in questo caso i prodotti colpiti possono essere esclusivamente quelli oggetto dell’illecito. La confisca amministrativa deve essere preceduta da un provvedimento di sequestro e, inoltre, deve essere consentito all’operatore il diritto di essere ascoltato, previsto anche dal Cdu.
Molto importante è la previsione di alcune significative deroghe, che consentono di escludere l’applicazione della confisca amministrativa in un ampio ventaglio di casi. Tali esimenti si applicano sia nei casi in cui l’Autorità giudiziaria, a fronte di una notizia di reato per infedele dichiarazione, non ravvisando una condotta dolosa, rinvia la fattispecie colposa alla valutazione dell’autorità amministrativa, sia in presenza di alcune specifiche condizioni a fronte di dichiarazione infedele (di cui all’art. 79).
Tra le eccezioni elencate, la circolare sottolinea che non si procede a confisca quando, pur essendo errati uno o più elementi della dichiarazione doganale, i dati corretti sono desumibili dai documenti allegati (art. 96, comma 9, lett. a). Un errore materiale nell’indicazione del valore, l’errata indicazione del tasso di cambio o dell’aliquota Iva, o l’indicazione di una voce doganale diversa rispetto alla descrizione della merce riportata nei documenti non consentono, pertanto, l’applicazione della confisca.
Altra causa di esenzione dalla confisca è prevista nel caso in cui la merce non sia occultata o nascosta e sia resa disponibile per la verifica (lett. d). Di conseguenza, in caso di controllo in linea, l’Agenzia delle dogane potrà procedere alla confisca della merce soltanto con un provvedimento di sequestro specificamente motivato con riferimento al metodo di occultamento impiegato dall’operatore.
La circolare fornisce, infine, alcuni importanti chiarimenti sull’Autorità giudiziaria a cui l’Agenzia delle dogane deve inoltrare la notizia di reato. Nel caso in cui i maggiori diritti dovuti a titolo di dazio siano superiori a 10.000 euro (anche se vi sono altri diritti di confine come l’Iva all’importazione), la notizia di reato dovrà essere trasmessa alla Procura europea (EPPO). La Procura della Repubblica è competente, invece, nel caso in cui non vi siano maggiori diritti dovuti a titolo di dazio, per esempio nei casi di sola contestazione dell’Iva all’importazione.
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