Accise e imposte indirette: conta solo il consumo effettivo

Accise e imposte indirette: conta solo il consumo effettivo

di Stefano Comisi

Non è un’imposta indiretta qualsiasi prelievo che gravi sul consumatore finale ma solo quei tributi legati in modo diretto e inscindibile ai quantitativi di energia elettrica effettivamente consumati. L’Avvocato generale nella causa presso la Corte di Giustizia Ue T-653/24 ha chiarito che un contributo applicato per l’uso delle reti dell’elettricità, calcolato sulla parte fissa della tariffa e trasferito al consumatore, non possa essere considerato un’“altra imposta indiretta”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 poiché manca il legame con la quantità effettivamente consumata, criterio decisivo per stabilire l’appartenenza di un tributo al sistema delle accise armonizzate previsto dalla direttiva quadro.

La domanda di pronuncia pregiudiziale riguardava l’interpretazione della direttiva 2008/118/CE, in relazione al rimborso di un’imposta addizionale sull’elettricità prevista dalla normativa francese. Si chiedeva di esaminare se il contributo ivi previsto potesse essere qualificato come «altra imposta indiretta».

Secondo interpretazione dell’Avvocato generale, un’imposta può essere qualificata come “altra imposta indiretta” ai sensi della direttiva 2008/118 se esiste un nesso diretto e inscindibile con la quantità realmente consumata e non solo con un atto di consumo.

L’impostazione proposta dall’Avvocato generale dell’Ue evidenzia come la disciplina delle accise miri ad armonizzare regole e controlli nel mercato interno. Un’interpretazione estensiva della deroga finirebbe, invece, per includere tributi basati su elementi contrattuali o a quote fisse, creando possibili distorsioni fiscali tra Stati membri.

In tale lettura, la possibilità di rendere l’onere fiscale effettivamente confrontabile e integrabile nel “livello di tassazione” previsto dalla direttiva 2003/96 si fonda dunque sulla correlazione con i quantitativi realmente consumati.

Le conclusioni dell’Avvocato generale si inseriscono nel solco di giurisprudenza precedente della Corte di Giustizia Ue che ha escluso la natura di imposta indiretta per prelievi non collegati al volume di prodotto effettivamente utilizzato. La Corte, in cause come C-5/14, C-215/16 e C-220/19, ha, infatti, negato tale qualificazione quando la base imponibile era fondata su caratteristiche soggettive o importi fissi. Analogamente, nelle sentenze C-346/97 e C-64/15 è stato ribadito che la natura indiretta non deriva solo dalla traslazione dell’onere sul consumatore, ma richiede un legame oggettivo con il consumo misurabile.

Applicando tali principi al caso in esame, l’imposta prevista dalla normativa francese si calcolerebbe sulla base di elementi fissi della tariffa di accesso (come le spese di gestione, di misurazione, la quota fissa dei prelievi e le alimentazioni di riserva) nonché, sulla potenza sottoscritta (ossia la capacità massima prevista dal contratto) che, sebbene esprima un consumo potenziale, non riflette il consumo effettivamente realizzato. Di conseguenza, pur gravando sul consumatore finale, l’imposta non presenta un nesso diretto con i quantitativi immessi in consumo e non può, pertanto, essere qualificata come “altra imposta indiretta”.

La soluzione delineata dall’Avvocato generale Ue riafferma la funzione originaria delle accise, ossia tassare il consumo effettivo e offrire parametri uniformi di confronto tra gli Stati membri. Tale interpretazione mira a tutelare la prevedibilità e la comparabilità fiscale nell’ambito dei prodotti soggetti ad accisa, evitando frammentazioni normative tra gli Stati membri, che la disciplina unionale intende prevenire.

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